Tra i Sacrari Militari Italiani a il più grande e il più imponente.

Le sue pietre custodiscono le Salme di 100.187 Caduti di cui 39.857 Noti e 60.330 Ignoti.

Costruito interamente in marmo chiaro, sorge al 34° Km. della rotabile Udine - Monfalcone. Il monumento si adagia sul versante occidentale del Monte Sei Busi the nella prima grande guerra fu duramente conteso tra le due parti perché, malgrado la sua modesta quota (m. 117), costituì, nella direttrice per Gorizia e Trieste, il primo gradino ed il primo apprezzabile ostacolo dell'aspro tavolato carsico.

Sorse nel 1938, su progetto dell'Architetto Giovanni Greppi e dello Scultore Giannino Castiglioni, per dare degna e stabile sepoltura alle Salme dei Caduti del grandioso cimitero di guerra del vicino Colle S. Elia. É opera di solidissima struttura ispirata all'idea di un formidabile e ordinato schieramento militare con alla testa i propri Comandanti. Lo sviluppo ascensionale e le tre Croci che lo concludono associano alla solennità del monumento il chiaro significato mistico della redenzione al di la della vita terrena: «Le anime dei Caduti che salgono al cielo».

Alla base della monumentale scalea, sulla quale sono alli­neate le urne degli oltre centomila Caduti, sorge la grande tomba monolitica del Duca d'Aosta, Comandante dell'invitta 3a Armata, affiancata da quelle dei suoi Generali.

Come monito ai visitatori, ai lati dell'ingresso e dell'uscita del Sacrario, sono state riportate le significative epigrafi the si trovavano nel vecchio «Cimitero degli Invitti» sul Colle S. Elia:


INGRESSO

Non curiosità di vedere ma proposito di ispirarvi vi conduca.

  Agli Invitti

che diedero per la Patria tutto il sangue

solo è degno di accostarsi chi ha nel cuore la Patria.

USCITA

O viventi che uscite

se non vi sentite più sereno e più gagliardo l'animo

voi sarete qui venuti invano.

O viventi che uscite

se per voi non duri e non cresca la gloria della Patria noi saremo morti invano.


LA VIA EROICA

Si accede al monumento attraverso un ponte, largo 20 metri e lungo 30, che scavalca la linea ferroviaria per Udine - Trieste, sbarrato da una serie di pilastri in pietra collegati dalla catena dell'ancora che appartenne alla Torpediniera «Grado».

Oltre la simbolica recinzione si apre un ampio piazzale in leggero declivio, lastricato in pietra e largo 300 metri; nella parte mediana corre la «Via Eroica» fra 38 lapidi in bronzo, che la delimitano ai due lati e che portano in rilievo i nomi legati a combattimenti famosi delle dure e sanguinose battaglie che segnarono le tappe della tragica guerra sul Carso:

DOSSO FAITI

VOLKOVNIAK

QUOTE 123-126

VELIKI KRIBAK

QUOTE 278-308

PECINKA

NAD LOGEN

BOSCHINI QUOTA 124

TRINCEA DEI SASSI ROSSI

TRINCEA DEI MORTI

TRINCEA DEI RAZZI

TRINCEA DELLE FRASCHE

SAN MICHELE

PETEANO

SAN MARTINO

GROVIGLIO

BOSCO TRIANGOLARE

BOSCO CAPPUCCIO

ALTURE DI POLAZZO

HERMADA  

MEDEAZZA

FLONDAR

JAMIANO

CASTAGNEVIZZA

VERSIC

SEGETI

HUDI LOG

NOVA VAS

OPACCHIASELLA

QUOTA 208 SUD

QUOTA 208 NORD

QUOTA 144

DEBELI

COSICH

QUOTE 77-85-121

MONFALCONE

QUOTE 12-21-23

CAVE DI SELZ

QUOTE 100-111-118

MONTE SEI BUSI.

Al termine della «Via Eroica» ha inizio la grande scalinata di accesso al maestoso complesso monumentale.

Al centro, dopo il primo ripiano, in una imponente lapide, è stata scolpita a grandi lettere una bella epigrafe dettata dal Comandante della 3a Armata per esaltare il significato simbolico di quel cimitero:

«O MORTI GLORIOSI D'ITALIA DA QUESTO CIMITERO DEGLI INVITTI CHE É SINTESI IMMORTALE DEI SACRIFICI E DELLA GLORIA DELLA PATRIA EMANA UNA LUCE COME DI BALENO CHE SARÀ IL FARO D'ITALIA».

I GRADONI DEI CENTOMILA CADUTI

Alle spalle dei Comandanti, il formidabile e ordinato schieramento delle tombe dei centomila Caduti sistemati su 22 gradoni, ciascuno largo 12 metri ed alto 2,50, e coronati da un marmoreo architrave con le scritte in rilievo «Presente» ripetute per tutti i gradoni. Ai gradoni si accede mediante due scalinate laterali. Le tombe dei militari noti sono disposte in ordine alfabetico, da sinistra a destra e rivestite da lastre in bronzo con riportati il nome, il grado, le ricompense al valor militare di ciascuno.

Sul gradone più elevato, ai lati della Cappella Votiva, sorgono due grandi tombe comuni in cui sono custoditi i Sacri Resti dei 60 mila Caduti Ignoti. Sullo stesso gradone trovansi le tombe di 72 marinai e 56 guardie di finanza. Sul cielo si profilano le tre grandi Croci di bronzo the ricordano il Calvario.

Nel Sacrario, tra le tombe dei Caduti, vi sono 32 Medaglie d'Oro al V.M., 22 coppie di fratelli, tra cui una di gemelli.

Nel XVII gradone trovansi, vicine, le tombe del Magg. Giovanni Riva di Villasanta e di suo figlio, Sott.te Alberto, Medaglia d'Oro; più in la, al XIX gradone, un altro padre ricongiunto al figlio: l'operaio Luigi Stella e il Sott.te Gaetano, Medaglia di Bronzo.

Accanto a tanti Soldati, al centro del I gradone, v'è anche la presenza gentile d'una donna: la tomba della Crocerossina Margherita Parodi.

LA TOMBA DEL DUCA D'AOSTA

Sul grande ripiano, dopo le prime due rampe della scalinata, e dietro il semplice Altare di pietra, spicca la grande tomba del Duca d'Aosta: è ricavata alla base di un colossale blocco di marmo rosso della Val Camonica, del peso di 75 tonnellate, dono della città di Torino. Sotto il monolito, verso monte, si apre una piccola Cripta, chiusa da un'artistica cancellata, dove a stata collocata la Salma del Com.te della 3a Armata, deceduto a Torino il 4 luglio 1931. Al centro della Cripta una lucida lapide di marmo nero con scolpito il testamento spirituale: sotto, il gladio romano donato dai figli Amedeo ed Aimone ed ai lati due bronzee corone: di foglie di quercia della moglie Helene e di foglie d'edera dei fratelli Vittorio e Luigi. Sul basamento del monolito, verso la scalinata d'accesso, sono scolpite le ultime parole del testamento spirituale col desiderio del Duca d'Aosta di essere sepolto a Redipuglia:

«... in mezzo agli eroi della Terza Armata. Sarò con essi vigile e sicura scolta alle frontiere d'Italia, al cospetto di quel Carso che vide epiche gesta ed innumeri sacrifici vicino a quel mare che accolse le salme dei marinai d'Italia».

Dietro la tomba del Duca d'Aosta sono allineati i cinque monoliti di granito con le urne dei suoi Generali caduti in combattimento: Antonio Chinotto (M.O.V.M.) - Tommaso Monti (M.O.V.M.) - Giuseppe Paolini (M.O.V.M.) - Giovanni Prelli - Fulvio Riccieri.

Sulla destra dell'ingresso sono ben visibili i resti di un trincerone blindato the correva lungo il ciglio dello scavo per la strada ferrata: a stato prima impiegato dagli austro­ungarici; poi completato e rafforzato dai nostri fanti delle Brigate Siena, Savona e Cagliari durante la la e 2a battaglia dell'Isonzo.

LA CAPPELLA VOTIVA

L'ingresso della Cappella, che sorge al centro del XXII gradone sormontato da tre grandi Croci di bronzo, si presenta con un artistico portale contrassegnato dalla bianca croce della Terza Armata. Le pareti, le colonne ed il pavimento sono in lucido marmo nero. Sulla volta a mosaico in oro aleggia una croce metallica luminosa. Sull'Altare domina una suggestiva «Deposizione» in bronzo dorato dello scultore Giannino Castiglioni. L'originale ed artistica «Via Crucis», pure in bronzo dorato di G. Castiglioni, risalta sulle due pareti laterali, ove, su ciascuna di esse, si legge:

«Queste pareti custodiscono trentamila Militi Ignoti a noi, noti a Dio».

Sulla Cappella sono state collocate due mistiche campane, dai chiari rintocchi, che recano incise, sull'una «ogni rintocco susciti un ricordo» e sull'altra «ogni ricordo susciti una preghiera».

L'OSSERVATORIO

Nello spiazzo a monte del Sacrario, dietro l'ultimo gradone dei centomila Caduti, in mezzo alla caratteristica vegetazione carsica, vi è un interessante osservatorio ricavato su un basso torrione circolare in pietra. Dalle frecce scolpite sul parapetto si potevano individuare le principali località che furono teatro di aspri e sanguinosi combattimenti: M. Nero, M. Sabotino, M. Santo, M. S. Michele, Dosso Faiti, Hermada, Monfalcone, la caratteristica stele monumentale dedicata alla M. 0. Filippo Corridoni, caduto nella conquista della «Trincea delle Frasche». Oggi la vegetazione che ha cercato di cicatrizzare le ferite del conflitto non permette quasi più questo spettacolo.

Al centro della terrazza circolare dell'osservatorio, un artistico plastico di bronzo della circostante zona di battaglia riporta le linee italiane ed austro-ungariche alla data del 24 ottobre 1917, prima della ritirata di Caporetto.

A pochi passi dall'osservatorio si trova un cippo ricordo della M. 0. Sergente del 1° Zappatori del Genio, Giovanni Rossi, caduto in quel luogo il 2 luglio 1915 mentre guidava una squadra di volontari incaricata di collocare tubi esplosivi sotto i reticolati nemici.

Lo spiazzo dell'osservatorio ed il XXII gradone con la Cappella possono essere raggiunti direttamente dalla rotabile che si stacca dalla statale per Monfalcone all'altezza dell'abitato di Redipuglia.  

Il Carso e l'Isonzo nella Grande Guerra

1915

24 maggio 1915: l'Esercito Italiano varca la frontiera. Dei circa 650 Km. su cui essa si stendeva, solo 50, da tolmino al mare potevano permettere operazioni campali e, di questi, solo 30, da Gorizia al mare erano in terreno pressochè pianeggiante. Davanti ai nostri soldati si ergevano un grande fiume, l'Isonzo, e le catene montuose che si ergevano lungo il suo corso. Su questa barriera contava il Generale Conrad che rivolgendosi alle sue truppe così si esprimeva:«... dobbiamo difendere un territorio che è fortificato per natura. Davanti a noi un grosso corso d'acqua; sul nostro lato una costiera da dove si può tirare coma da una casa di dieci piani...».

L'Esercito nemico, impegnato in gran parte sul fronte russo,  si era ritirato su posizioni più difendibili dalle truppe a disposizione.

Gli obiettivi assegnati alla 2a Armata erano la conquista della conca di Caporetto, della dorsale M. nero (2245), Sleme (1487), Mrzli Vhr in direzione di Oslavia e del M. Sabotino. Cominciano i primi scontri in maniera talora troppo prudente tale da consentire agli austriaci di rafforzare le loro posizioni che diventeranno quasi imprendibli; viene conquistato il Mrzli, ma non può essere mantenuto per assenza di rincalzi. Il contrattacco austriaco ci ricaccia sul contrafforte occidentale.Su questa cima cominciano una serie di sterili attacchi che preludono l'andamento dei futuri scontri su questo fronte.

Vengono conquistati la cresta del Vrata ed il monte Vrsik, posizioni importanti per il controllo dei movimenti avversari nella val Lepenja. Comincia l'odissea per la conquista di Gorizia con massicci bombardamenti sul Podgora presso Piuma ed Oslavia.

Su Quota 383, presso Plava, si inizia la carneficina dell'Isonzo. Dal 9 giugno al 16 giugno violenti attacchi e contrattacchi videro alternarsi italiani ed austriaci nel possesso della quota contesa. Dopo il sacrificio di 3000 soldati italiani e 2800 austriaci, Quota 383 restava in possesso del 43° Fanteria.

Brillante operazione si realizzava  il 16 giugno. I Battaglioni Alpini Susa ed Exilles, con un'impresa che giustamente diventerà leggendaria, occupavano il Monte Nero. Ma l'azione non può essere portata a compimento. Vengono occupate le vette del Matajur, del Kolovrat, dello Jeza, del Globocak e la dorsale del Korada.

Alla 3a Armata vengono assegnati gli obiettivi di Cormons, Monte Medea, la linea Judrio, i ponti di Pieris. Con l'occupazione di Gradisca e di Monfalcone si conclude il primo balzo offensivo.

Si erano verificati due situazioni diametralmente opposte: la guerra si era trasformata da manovrata in guerra di posizione: cominciava il "carnaio" del Carso e dell'Isonzo che sarebbe durato per quasi altri due anni; d'altra parte, la nostra lenta avanzata aveva sconvolto i piani del Generale Conrad che, sgombrando il Carso, ci avrebbe fatto progredire in profondità aumentando la lunghezza del nostro fronte e rendendo più complessa la nostra situazione logistica mettendoci in condizioni di non poter affrontare una sua potente controffensiva. Questa sua decisione fu riferita dallo stesso Conrad all'allora Capitano Raffaele Cadorna, figlio del Comandante Supremo.

Prima Battaglia dell'Isonzo

23 giugno - 7 luglio 1915

Alla 2a Armata venivano indicati due obiettivi, il Monte Kuk e le alture  fra Oslavia ed il Podgora, mentre la 3a Armata avrebbe dovuto avanzare verso Monfalcone forzando l'Isonzo fra Sagrado e Mainizza per avvicinarsi alle rocce del Carso.

Truppe della Brigata "Emilia "e della "Forlì "si accanivano per giorni nell'attacco al M. Kuk, ma inutilmente e con forti perdite: le difese austriache e l'insufficienza delle artiglierie italiane non permisero il successo pagato con tanto sangue. Ci vorranno ancora due anni di sacrifici per ottenere l'agognata conquista.

Le Brigate "Pistoia", "Re", "Napoli", "Casale", "Perugia" si dissanguarono contro ostacoli insormontabili. Il reticolato nemico diventò l'incubo del Fante assieme a nomi come Calvario, Podgora, Grafenberg, Sabotino, Oslavia.

Così recita la R. U. italiana:« Con i mezzi di distruzione di allora, assolutamente inadeguati, il reticolato, quando non era una barriera, era un filtro, o spesso e peggio, un'insidia per i pochi che l'attraversavano.... Contro di esso la foga dell'attacco e la superiorità numerica erano, spesso, più che inutili, dannose».

Anche sul cammino della 3a Armata il reticolato stroncò l'assalto di Brigate come la "Bologna", "Pisa", "Messina", "Cagliari", "Siena". Forzato in alcuni punti l'Isonzo, cominciò il sanguinoso avanti ed indietro a Sdraussina, sul Monte Cosich, presso Selz, sulla collina di S. Elia, sul M. S. Michele,  a S. Martino sugli scarni pendi del M. Sei Busi. Il Fante conobbe, tragicamente, le difficoltà della conquista del Bosco Cappuccio e del Bosco Lancia. Doberdò, apparentemente così vicina, sembrava irraggiungibile. Su un totale di 250.000 uomini che avevano partecipato alla battaglia, 14.947 risultarono fuori combattimento: fra questi circa 2.000 erano morti. Anche gli Austriaci ebbero il loro contributo di sangue: su circa 115.000, circa 9.950 furono messi fuori combattimento.

Seconda Battaglia dell'Isonzo

18 luglio - 4 agosto1915

«Predisposizioni per l'espugnazione del M. S. Michele» così titolava l'ordine di operazioni del luglio 1915. Alla 3a Armata il compito principale con obiettivo la linea M. S. Michele - M. Cosich: la 2a Armata avrebbe dovuto concorrere con azioni finalizzate a trattenere le truppe nemiche antistanti.

Il 18 luglio i fanti si scagliano nuovamente contro Bosco Cappuccio,  Bosco Lancia e Bosco Triangolare: al termine della battaglia, dopo alterni e cruenti scontri solo Quota 197 del Bosco Cappuccio e Quota 141 del Bosco Triangolare restavano in nostro possesso. Modesti i vantaggi conseguiti sul M. Sei Busi mentre si cominciava l'epopea del M. S. Michele.

Conquistato alle 17.30 del 20 luglio, veniva abbandonato per il forte contrattacco nemico il giorno dopo. Stessa sorte toccava ai nostri soldati il 26 luglio: così il Gen. Cadorna scriveva al figlio Raffaele:"...occupammo per una notte il S. Michele, ma è più facile prenderlo che restarci perché, appena conquistate le creste, ci coprirono di proiettili e poi un contrattacco ce lo portò via...».

Sul fronte della 2a Armata, al termine delle operazioni si poteva registrare la conquista del M. Rosso, a fianco del M. Nero, e modesti vantaggi sul Calvario dove le brigate "Casale" e "Pavia" si abbarbicavano a mezza costa. Sterili azioni erano intraprese anche nella testa di ponte di Plava e sul M. Sabotino.

Come ha riconosciuto la R. U. italiana, la corazza difensiva aveva subito piccole intaccature, ma ancora si rivelava superiore alle capacità offensive che il Comando Supremo poteva esprimer sul fronte isontino.

L'importanza di questi successi risulta maggiore quando si tenga conto che essi dovettero essere ogni volta affermati respingendo numerosi contrattacchi, coi quali l'avversario tentava di riprendere ciascuna delle perdute posizioni.

Su un numero complessivo di 41.866 uomini posti fuori combattimento si contavano più di 6.000 morti.

terza  Battaglia dell'Isonzo

18 ottobre - 4 novembre 1915

Gorizia, prima tappa del progetto strategico del Gen. Cadorna era la meta agognata.

Gli obiettivi erano: il M. Podgora a nord di Gorizia, la confluenza fra Isonzo e Vipacco a sud, la conquista del M. S. Michele.

Un potente fuoco d'artiglieria si scatenò, verso mezzogiorno del 18, su Doberdò e sul S. Michele: i trimotori Caproni, sorvolando le linee nemiche facevano da osservatori d'artiglieria. Compare la bombarda, bocca da fuoco ad avancarica che poteva lanciare, a breve distanza, proietti fino a mm. 240 e 400: più idonea contro reticolati e difese passive delle trincee nemiche, possedeva anche un grosso potenziale psicologico sulle truppe sottoposte al suo tiro.

Le Brigate "Re" e "Pistoia" si slanciano con vigore, ripetutamento contro le posizioni austriache del Podgora: si ripete il tragico "avanti ed indietro" di attacchi vittoriosi annullati da repentini contrattacchi; il peggiorare delle condizioni atmosferiche rende impossibile avanzare nel pantano. Per alcuni nuclei di soldati, unica difesa su posizioni carsiche in cui non è possibile scavare trincee in breve tempo, erano i cadaveri ammucchiati cosparsi di calce viva.

La 4a Divisione attacca inutilmente il M. Sabotino, mentre, con duri e cruenti attacchi la Brigata "Lombardia" riusciva a penetrare in Oslavia, ma ne era ricacciata il giorno dopo: intanto continuavano gli sforzi contro il Calvario con modesti risultati in confronto al sangue versato. Parziali avanzamenti anche sul Sei Busi, a Selz e su Quota 121 di Monfalcone. Acquistavano tragica fama le Trincee a Ypsilon, dei Razzi, delle Frasche,  delle Celle ma solo quest'ultima restava in mano italiana.

Il M. S. Michele veniva ripetutamente attaccato da tutte le parti con momentanee conquiste di trincee austriache che, nel giro di poche ore, contrattacchi cruenti venivano perse; il peggiorare delle condizioni atmosferiche rendevano ancora più penosa la situazione delle truppe.

I due eserciti erano sfiniti e dissanguati: l'irruenza degli attacchi italiani si era interrotta nel momento in cui l'avversario non era più nelle condizioni di resistere. Ma questo, purtroppo era il " senno di poi". 

Modesti, se non insignificanti, i risultati degli attacchi alla testa di ponte di Plava e di Tolmino.

Ancora tragico il consuntivo: 67.008 uomini fuori combattimento di cui circa 11.000 morti; alcuni reggimenti, sul Carso, avevano raggiunto il 50% circa di perdite.

quarta  Battaglia dell'Isonzo

10 novembre - 5 dicembre 1915

Nei piani del Comando Supremo, scartata l'idea di conquistare il M. Sabotino, per il momento giudicato "imprendibile", le direttrici indicate erano: le alture di Oslavia, il Podgora, il S. Michele ed il Sei Busi.

Viene conquistata con grave tributo di sangue la Quota 111 del Sei Busi, ma tentativi di proseguire verso Boschini risultano vani. Sul S. Michele si continuano attacchi e contrattacchi, ma solo poche decine di metri a ridosso delle Cime 3 e 4 sono l'unico risultato.

La 2a Armata conquista la Quota 188 di Oslavia dopo accaniti combattimenti, quando ormai la cittadina non è che mucchio di rovine. La Brigata Sassari da ulteriore prova della sua compattezza e vigoria conquistando le Trincee de Razzi e delle Frasche e respingendo i contrattacchi successivi.

Il 17 novembre viene dato l'ordine di bombardare Gorizia, ritenuta centro di depositi e truppe nemiche. Dopo aver avvisato la popolazione con lanci di volantini, il "giardino dell'Isonzo", meta turistica famosa, fu quasi completamente distrutta: era la prima volta che, in una guerra moderna, veniva distrutta una città abitata.

Sul fronte di Tolmino si continuano gli attacchi contro la linea Sleme - Vodil: scontri accanitissimi insanguinano ulteriormente il Mrzli che ad un certo momento sembra sul punto di cedere, ma la disperata difesa degli austriaci, consci dell'importanza di quella posizione, ci priva di quella vittoria.

Il 5 novembre con la fine della battaglia si conclude il ciclo di operazioni del 1915. 48.967 sono gli uomini fuori combattimento di cui circa 7.500 i morti. Un tributo di sangue enorme a cui fa fronte un esiguo risultato tattico. Ma è importante considerare, nella sua tragicità, il risultato importante del logorio dell'esercito avversario le cui perdite sono di poco inferiori alle nostra.

Scriverà il 17 dicembre 1915 il Gen. Cadorna: «La presente guerra non può finire che per esaurimento di uomini e di mezzi e l'Austria è molto più vicina di noi ad arrivarci. É spaventoso, ma è così». Tragica ma veritiera previsione.

quinta  Battaglia dell'Isonzo

11 - 15 marzo 1916

In conseguenza ad un accordo interalleato e, specialmente, alla battaglia di Verdun, il gen. Cadorna impartiva ordini alla 2a Armata ed alla 3a Armata di intraprendere azioni che impegnassero le truppe antistanti impedendone il loro spostamento. Non assegnava obiettivi particolari lasciando i Comandi in subordine liberi di decidere, fermo restando l'intento di proseguire verso i campi trincerati di Gorizia e di Tolmino.

Analoga disposizione veniva ordinata alle truppe nemiche nell'intento di consolidare le linee.

Non di vera e propria battaglia, quindi, si dovrebbe parlare, ma di azioni contemporanee con finalità in parte simile: ma ad entrambi i Comandi tornava utile conferire a queste scaramucce l'importanza di battaglia: per gli austriaci il vanto di averla arginata, per gli italiani la dimostrazione di una continuità nell'atteggiamento attivo ed intraprendente.

Veniva conquistata qualche trincea avversaria sul Sabotino, dove il Ten. Col. Badoglio veniva incaricato di prepararne l'azione per la definitiva conquista, sul Podgora e sul Grafenberg, ma vani riuscivano i tentativi di riconquistare la Quota 188 e le posizioni di Oslavia che, un'azione di sorpresa nei primi giorni dell'anno, ci avevano tolte.

sesta  Battaglia dell'Isonzo

4 - 17 agosto 1916

 

settima  Battaglia dell'Isonzo

14 - 17 settembre 1916

 

ottava  Battaglia dell'Isonzo

9 - 12 ottobre 1916

 

nona  Battaglia dell'Isonzo

31 ottobre - 1 novembre 1916

decima  Battaglia dell'Isonzo

12 aprile - 6 giugno 1917

undicesima  Battaglia dell'Isonzo

18 agosto - 12 settembre