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Si trova nell'alta valle del Cordevole, lungo la rotabile che da Caprile, per Digonera, s'innesta, a valle di Pieve di Livinallongo, nella statale n. 48 delle Dolomiti.Ai piedi del Col Di Lana, da un alto, e del maestoso Civetta dall'altro. Vi sono raccolti i resti di 704 Caduti noti, tra cui 19 austro-ungarici, e 4.705 Caduti rimasti ignoti. Il Sacrario è stato costruito nel 1938, su progetto dell'architetto Giovanni Greppi e dello scultore Giannino Castiglioni, in sostituzione del vecchio Cimitero di guerra che esisteva in quella zona, ai piedi del Col di Lana. Visto dall'alto della strada delle Dolomiti, il Sacrario appare come una grande croce sormontata dalla chiesetta alpina the gia esisteva nel vecchio cimitero di guerra. Nella costruzione, in muratura, sono disposti, in file sovrapposte, i loculi chiusi da lastre di marmo verde con incisi il nome ed il grado di ciascun Caduto.
LE
OPERAZIONI DEL 1916 Nella
zona del IX Corpo d'Armata, 1'8 aprile, ardite pattuglie del 7° Alpini
riuscivano a raggiungere il Pizzo Serauta (m. 3.065) nel Massiccio delta
Marmolada. Due volte la posizione veniva riperduta in seguito ad ostinati contrattacchi
avversari; ma alla fine, negli ultimi giorni di aprile, arditi reparti
di fanti e di alpini occupavano stabilmente il Pizzo e la Punta Serauta
(m. 2.961) e respingevano i tenaci contrattacchi avversari. Altre
azioni venivano tentate per conquistare la «Forcella a Vu» situate tra
la q. 3.065 e la q. 3.153 della Marmolada; ma venivano respinte dagli austriaci
che rifornivano la posizione mediante una lunga galleria scavata nel
ghiacciaio della Marmolada. In queste operazioni trovarono eroica morte il
Tenente Flavio Rosso, M. O. V. M. ed i suoi uomini. Ancora oggi rimangono
perenni sentinelle negli anfratti che videro il loro sacrificio. La
«Forcella
a Vu» veniva poi conquistata il 26 settembre 1917 ed un mese più
tardi la quota 3.153 lungo il
crinale verso Punta Rocca (m. 3.309). LE OPERAZIONI DEL 1917 Fra
queste merita ricordare il duplice tentativo austriaco, il 14
gennaio ed il 17 settembre, di far saltare le
nostre posizioni della Cengia Martini sul Piccolo Lagazuoi; entrambe le volte, sia per nostri tempestivi lavori di contromina, sia per
l'assidua vigilanza delle nostre
truppe, l'insidia fu sventata. Anzi, il 21 giugno, i valorosi occupanti
della Cengia, fecero brillare,
nella stessa zona del Piccolo Lagazuoi, una potente mina, che ci permise di occupare la quota 2.668. La
mina del
Col Le
difficoltà
da
superare per
impadronirsi
della cima dei
Col di Lana, che era come un
grande occhio aperto sulla Val Cordevole e su tutta la zona circostante,
la negativa esperienza dei
precedenti attacchi ed i rafforzamenti compiuti
dagli Austriaci durante la stasi invernale, ci avevano consigliato
di rinunziare ad ogni azione a viva forza e di conseguire
l'occupazione della cima facendola saltare con una
poderosa mina. Dopo
poco più di
tre mesi di incessanti fatiche, la sera del
17 aprile fu deciso di effettuare il brillamento del due enormi
fornelli ch'erano stati scavati sotto la vetta e caricati
rispettivamente con 2.000 e 3.500 chilogrammi di gelatina
esplosiva. Alle ore 23,35 del 17 fu dato il segnale dell'accensione,
e la cima fu ridotta dalla formidabile esplosione a un informe cratere nel
quale trovarono la morte un centinaio
di uomini del presidio austriaco, mentre
altri 160 vennero fatti prigionieri da un battaglione del 59°
Fanteria che occupo immediatamente la vetta sconvolta,
mentre le nostre artiglierie, entrate in azione con perfetta
simultaneità subito dopo l'esplosione, tenevano intanto
sotto fuoco vivissimo gli accessi della posizione per
impedire l'accorrere di riserve nemiche. L'avversario
riuscì tuttavia a riannodare le fila della difesa e
ad impedire nostri ulteriori progressi verso il monte Sief;
anche i successivi attacchi dei giorni seguenti ci diedero
il possesso di qualche importante posizione intermedia
tra il Lana ed il Sief ma non valsero a sviluppare convenientemente
il successo iniziale sulla barriera montuosa
Sief-Settsass. Il
ripiegamento sul Grappa La
crisi di Caporetto, sulla fronte Giulia, costrinse le truppe delta 4"
Armata ad abbandonare, imbattute, quelle montagne,
dove esse avevano dato tante
prove di valore e di sacrificio,
per la necessità di ridurre la
linea della fronte. Scendendo dai monti e lasciando con il cuore che
sanguinava, le loro case in balia dei nemici, accorsero a difendere il
Monte Grappa pilastro delta nostra nuova linea.
Il vasto movimento di ritirata, dopo alcuni disguidi ed incomprensioni, fu
iniziato il giorno 2 novembre e si concluse il
10 dello stesso mese sotto la guida del Generale Di Robilant. Nella
ritirata, a Longarone, forze
nemiche, improvvisamente sboccate dal
passo di Santo Osvaldo, riuscirono a tagliare la ritirata ad una nostra grossa
colonna, catturando parecchie migliaia di prigionieri. Per
un anno circa le popolazioni del Cadore dovettero subire
l'onta dell'occupazione straniera; ma ai primi di novembre del '18 le nostre
truppe vittoriose, irrompendo dalle balze del Grappa nel grande solco
Fonzaso-Feltre-Belluno, dietro al nemico in fuga, portarono il gioioso annuncio
della liberazione. Ed il 4 novembre il Tricolore sventolava sui termini sacri del confine che !a natura aveva assegnato alla Patria.
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